Tra la fine di febbraio e la prima metà di marzo in Salento ci si dedica alla preparazione di un antico piatto, massa e ciciri, distribuito sulle tavole ai commensali.
È una tradizione che anticipa l’arrivo della festa di San Giuseppe, il 19 marzo, giorno in cui s’imbandiscono grandi tavole, dando proprio lustro alle tavole di San Giuseppe.
Leggenda vuole che San Giuseppe sia morto la notte del 18 e che le tavole del 19 siano perciò un rimando alle cibarie che le persone donano, durante il lutto, ai famigliari del defunto.
Il banchetto segue regole ben precise per il numero degli invitati o “santi”, che vanno da un minimo di tre ad un massimo di tredici. Cifre non scelte a caso, in quanto simboleggiano rispettivamente San Giuseppe, Maria e Gesù e i tredici apostoli presenti all’ultima cena.
Le tavole di San Giuseppe secondo tradizione, si costituiscono di tredici pietanze per tutti i tredici santi, per un totale di 169 diffuse ai più bisognosi, anche se oggi, per via delle condizioni di vita migliorate, si è abituati a mettere in tavola solo alcuni piatti simbolici. Tra questi la già citata massa e ciciri, insieme a verdura lessa, pasta col miele e la mollica di pane, pesce fritto, crema di fave (le fave nette) con pane fritto, pane a forma di ciambella del peso di 3 o 5 kg e, al centro, ben in vista, un’effigie di San Giuseppe o della Santa Famiglia.
Un banchetto sostanzioso quindi, che ha luogo subito dopo la messa e che si svolge secondo le modalità indicate da San Giuseppe, il quale segna il passaggio da una pietanza ad un’altra, battendo tre volte la forchetta ai bordi del suo piatto.
I volontari del Servizio Civile Universale, Angela De Icco e Stefano Orlando
Progetto: “Cultura, leggende e tradizioni pugliesi”